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Story

Progetto Scanello 2009 /2011

La storia d’Italia e la moneta unica italiana nascono sull’Appennino bolognese

 

tratto dal  sito web di   Palazzo Loup

 

“Costà viene Minghetti

per cosa nota ai capi di governo

di Toscana, Modena e Bologna, stabilita ier sera

in un convegno in cui questi rappresentanti si trovarono per trattare gli interessi vitali dell’Italia”

(dalla lettera di Bettino Ricasoli, inviata a Palazzo Reale a Torino, il giorno 29 settembre 1859)

 

Palazzo Loup, storica residenza situata sull’Appeninno Bolognese, fu sede di importanti avvenimenti storici, primo fra tutti, il convegno segreto del 28 settembre 1859, nel corso del quale Bettino Ricasoli, Carlo Luigi Farini, Lionetto Cipriani, Rodolfo Audinot e Marco Minghetti concordarono l’abolizione delle barriere doganali e l’adozione della moneta unica in vista della futura unificazione del Regno d’Italia, sotto il regno di Vittorio Emanuele II°. Luigi Loup, il proprietario dell’epoca del Palazzo che ha assunto il suo nome, mise a disposizione la sua residenza per il convegno con il quale si compì un passo importante verso l'unificazione nazionale, in virtù della breve distanza della residenza dal confine bolognese e fiorentino, ma anche per il forte rapporto di amicizia personale e di identità di vedute che lo legava ai più importanti personaggi bolognesi del Risorgimento. Quando ospitò il convegno aveva quarantotto anni ed era stato da pochi giorni inserito nella Commissione per la revisione del debito pubblico. Con quel convegno si compiva un passo importante verso l'unificazione nazionale, ma soprattutto venne decisa l’adozione della lira quale moneta unica italiana, che avrebbe avuto corso regolare fino al 1°marzo 2002. Una targa apposta da Luigi Loup al piano nobile della residenza testimonia lo storico incontro.

 

LA STORIA

IL CONVEGNO SEGRETO

Nel settembre del 1859, quando la seconda guerra d'Indipendenza si era da poco conclusa, ebbe luogo la sollevazione delle popolazioni dei Ducati di Modena e Parma, del Granducato di Toscana, di Bologna e delle Romagne. I governanti di questi territori che, fino a quel momento, erano stati fortemente sostenuti dagli austriaci, preso atto della sconfitta sul piano diplomatico e su quello militare, si affrettavano ad abbandonare le città che, da quel momento, venivano rette da governi provvisori, al cui interno era presente una forte componente filopiemontese, che cercarono di attuare una comune politica di unificazione nazionale.


In una lezione tenuta il 10 maggio 1933 all'Università di Bologna il Senatore Alberto Dall'Olio, così ha descritto quel periodo: "La imperiosa necessità di un'intima unione fra i quattro stati appariva evidente: occorreva disporre di forze militari bene organizzate contro una possibile irruzione austriaca; armonizzare i rapporti col Piemonte verso il quale si rivolgevano le aspirazioni comuni; togliere la vergogna e lo sconcio di quattro barriere doganali che offendevano quel sentimento di italianità che aveva suscitato la rivoluzione: ogni spirito di malintesa autonomia, ogni lievito di campanilismo doveva essere eliminato. Al primo intento fu felicemente provveduto con una lega militare, alla quale la tenacia del Minghetti e l'autorità che godeva nel Piemonte assicurarono un capo di prim'ordine, il Generale Manfredo Fanti, che, dopo lunghe insistenze, riuscì ad ottenere dal Governo il permesso di mettersi, pur rimanendo generale piemontese, a disposizione della Lega. Più tardi gli fu associato, come comandante in seconda, il più popolare dei condottieri di guerra, Giuseppe Garibaldi.
Il terzo intento fu presto conseguito con una riunione tenuta il 28 settembre 1859 a Scanello, presso Loiano, alla quale intervennero Ricasoli, Farini, Cipriani, Minghetti ed Audinot che, come ricorda la lapide posta nel Palazzo, stabilirono di togliere ogni barriera doganale fra Toscana, Romagne, Modena e Parma e divisarono i futuri provvedimenti per l'unione dell'Italia centrale sotto il regno di Vittorio Emanuele II".


I PROTAGONISTI


Luigi Loup, il proprietario del Palazzo che oggi porta il suo nome, accolse nella sua casa il convegno grazie alla breve distanza dal confine bolognese-fiorentino, ma soprattutto in virtù dello stretto rapporto di amicizia personale e di identità di vedute, che lo legava ai più importanti personaggi bolognesi del Risorgimento. Ricco imprenditore di origini svizzere, aveva partecipato attivamente vicende politiche di quel periodo e, nel 1848, era stato nominato membro del Comitato di Salute Pubblica. Uomo dotato di una mentalità molto aperta e di spirito innovatore, aveva trasformato la vasta tenuta di Scanello, recata in dote dalla moglie, in una azienda moderna e razionale. Quando ospitò il convegno aveva quarantotto anni, ed era stato nominato da pochi giorni membro nella Commissione per la revisione del debito pubblico.


Marco Minghetti, uno dei più importanti esponenti del pensiero moderato risorgimentale, fu dapprima ministro illuminato e riformista del governo pontificio, poi combattente a fianco dei piemontesi, divenendo uno dei più stretti collaboratori di Cavour. All'epoca del convegno aveva quarantuno anni, ed era di recente stato nominato Segretario Generale presso il Ministero degli interni, anche se partecipava alle riunioni, in  qualità di Presidente dell'Assemblea Nazionale dei Rappresentanti del Popolo delle Romagne. Lo attendeva una carriera folgorante lo portò a ricoprire la carica di ambasciatore e, per quattro volte quella di ministro. In qualità di Presidente del Consiglio, raggiunse il pareggio del bilancio statale, ed è ricordato come l’esponente principale della Destra storica dell’ottocento.

Bettino Ricasoli, conosciuto come il "barone di ferro", fu la figura simbolo del liberalismo toscano e, dopo la fuga del Granduca, assunse la carica di Ministro degli Interni accanto al Commissario piemontese Carlo Boncompagni e, successivamente quella di Dittatore della Toscana. All'epoca del convegno, aveva cinquanta anni e, soltanto ventiquattro mesi dopo, sarebbe succeduto a Cavour come Presidente del Consiglio. Liberale cattolico, perseguì l'obiettivo della separazione tra Stato e Chiesa con un puntiglioso lavoro di mediazione, che gli valse l'opposizione sia delle correnti cattoliche che di quelle anticlericali.

  

Luigi Carlo Fariniera un medico noto per aver studiato alcuni problematiche mediche a sfondo sociale, come la pellagra e le febbri malariche. Fu deputato dello Stato Pontificio, poi esiliò in Piemonte dove divenne Ministro della Pubblica Istruzione nel governo D'Azeglio. Nel 1859 fu inviato a Modena da Cavour come Commissario Regio: in questa veste, all'età di quarantasette anni, partecipò all’incontro segreto di Scanello. Dopo poche settimane subentrò a Cipriani nel Governo dell'Emilia, fino al Plebiscito che si svolse nel marzo 1860. Fu quindi ministro degli interni e primo ministro e lavorò intensamente per favorire un grande decentramento amministrativo e politico.


Leonetto Cipriani, partecipò all’incontro segreto di Scanello in qualità di Governatore dell'Emilia, (dopo aver ricoperto la stessa carica a Bologna), all'età di quarantasette anni. Aveva viaggiato e combattuto in tutto il mondo, era stato console del Regno di Sardegna a San Francisco e passava per un filofrancese anche per la stretta amicizia col conte Walewski ministro degli esteri francese.


Rodolfo Audinot era stato deputato dello Stato Pontificio. Partecipò, quarantacinquenne, all’incontro sull’appennino bolognese, come vice-presidente dell'Assemblea delle Romagne. Esponente del liberalismo moderato, aveva avuto un ruolo importante nelle vicende precedenti la caduta del governo pontificio a Bologna, ed era destinato ad entrare nel nuovo parlamento italiano.


LE TESTIMONIANZE


Il Convegno di Scanello fu preceduto da un intenso lavoro di cui troviamo traccie importanti nella corrispondenza scambiata dalle diplomazie dei governi partecipanti, di quella piemontese e di quella francese. Non è sempre facile interpretarne le sfumature del linguaggio e le intenzioni nascoste, ma alcuni brani rivelano con certezza l’autentico significato dell'evento. Da una lettera di Farini a Minghetti: "Accolgo volentieri il progetto di un convegno, ma desidero che l'iniziativa verso Ricasoli parta da Cipriani o da me. Non ritengo conveniente per motivi ch'Ella potrà apprezzare che il Convegno avvenga nelle Provincie di Romagna, ma sono pronto a recarmi in quel posto che verrà indicato dal barone Ricasoli al quale verrà lasciata la scelta". In una successiva: "Caro amico, veniamo pure ad un abboccamento se così piace. A dire il vero io non ne spero un gran successo. Converremo sul territorio toscano a scanso di gelosie fiorentine e di chiacchiere clericali. Aspetto avviso sul dì e sul luogo." Il 20 settembre Bettino Ricasoli così scriveva al fratello Vincenzo: "Tutto è accomodato purché questo Governo si risolva ad abolire dogane e passaporti ..... insomma finiamo la storia e compiamo l'atto dell'unificazione". Nella stessa giornata Minghetti, in una missiva inviata a  Pisolini, affermava: "L'affare dogane è il più importante e richiede un certo tempo e minute discussioni. Accetta e vedi di finirla: almeno facciamo questa fusione già preordinata nella Lega. ... In sostanza v'è un dissenso radicale. Noi intendiamo diventare province piemontesi come Cuneo, Mondovì, e anche Cavourretto se piace; costì la cosa non garba in tal senso, e quindi nasce la ripugnanza della fusione." Il 21 settembre Pisolini, rispondendo a Minghetti, lo informa che lo Spinola, incaricato sardo a Firenze, avrebbe ricevuto un dispaccio telegrafico da Torino che “disapprovava il progetto bolognese di fondere le quattro Assemblee dell'Emilia e della Toscana e farne uno stato unico, ma che Ricasoli è pronto ad abolire dogane e passaporti se il Piemonte prenderà il primato della cosa”. Lo stesso giorno Ricasoli così scriveva a Farini: "Il Cavaliere Vignet, addetto al Ministero delle Finanze (piemontese), è arrivato a Firenze per svolgere le pratiche occorrenti all'abolizione delle barriere e alla libera circolazione di valori, lettere e merci tra Piemonte e Firenze. Verrà poi a fare lo stesso per le Romagne ed i Ducati." A questo punto lo scambio di missive, diviene frenetico. Il 28 settembre Ricasoli riceve da Cipriani una lettera nella quale, tra l’altro, si dice: "Minghetti è tornato da Torino con cose importanti da comunicare, e su cui fa d'uopo il maggior segreto, e propone di trovarci stasera alle Filigare" Ricasoli informa immediatamente al Ridolfi informandolo che: "Ho creduto di accettare l'invito e sarò stasera alle Filigare per tornare però domattina".

 

A quanto pare nelle prime ore di quel mercoledì 28 settembre, data del convegno, uno dei principali convenuti non ne conosceva o non voleva rivelarne la vera sede. Il mattino seguente Ricasoli così scrive a Torino: "Costà viene Minghetti per cosa nota ai capi di governo di Toscana, Bologna e Modena. Questa sua gita a Torino venne stabilita ier sera in un convegno in cui questi tre rappresentanti si trovarono per trattare degl'interessi vitali dell'Italia". Il 29 settembre, il marchese Spinola, incaricato sardo a Firenze, informa il suo superiore, generale Dabormida: "So da buona fonte che questa notte il Barone Ricasoli, il Cavalier Farini ed il Colonnello Cipriani ebbero un abboccamento in un villaggio tra Firenze e Bologna. Mi si disse che questo convegno fu motivato dalla necessità di prendere quei concerti che possono giovare a rendere più pronta e facile l'unificazione. Le poche difficoltà che esistono, meglio che dai capi di stato, potrebbero essere tolte di mezzo da qualche funzionario.... Penso che realmente altro scopo abbia potuto avere il convegno di questa notte. Vidi poco fa il Ricasoli e tentai di sapere da lui alcunché, ma inutilmente:" Ma il 7 ottobre parte la rettifica: "Pare che il convegno di Lojano avesse veramente per scopo principale le misure di unificazione materiale, che testé furono prese qui specialmente ed in Bologna. Ottimo risultato di questo convegno fu di vedere il Governo delle Romagne desistere dal progetto del Cavalier Marliani”. Il Segretario della Legazione francese a Firenze Mosburg avvisò il suo ministro degli esteri con uno scritto del 12 ottobre: "Il Monitore Toscano ha pubblicato il decreto che sopprime le barriere doganali tra la Toscana, Modena e le Legazioni. Queste disposizioni sono entrate in vigore a partire dal giorno 2 di questo mese. Il decreto relativo alla libera circolazione, senza obbligo di passaporti tra gli Stati governati nel nome del Re di Sardegna verrà pubblicato tra qualche giorno. Il recente incontro dei triumviri a Lojano ha portato i suoi frutti, ed i governi di Modena e Bologna hanno intrapreso la stessa strada di quello fiorentino. L'Italia centrale, completamente assimilata al Piemonte sotto il profilo delle dogane, delle monete, dei passaporti, della amministrazione, della giustizia etc., non ha che da compiere un passo per essere una provincia del grande Regno di Sardegna." A Scanello si era realizzato un passo decisivo verso l'unificazione nazionale, ma di questo incontro segreto, non è rimasta alcuna traccia sotto forma di verbale o di documento ufficioso, neppure nella memoria storica locale: la sua natura di convegno segreto ha fatto sì che rimanesse tale nel tempo. Ma almeno un segno, nel luogo dove si svolse, resta a futura memoria: la lapide che Luigi Loup volle apporre nella sua villa. Traspare dal marmo, tuttora visibile al piano nobile di Palazzo Loup, l’orgoglio di avere ospitato un evento di tale importanza.

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data pubblicazione: 
Venerdì, 3. December 2010 - 9:19
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